“È probabile che Il movimento 5 Stelle vinca le elezioni e non lo farà per via della tanto decantata onestà. Perché, se l’onestà fosse un valore diffuso e condiviso per questo paese, non avremmo il tasso più alto di lavoro nero d’Europa né il più alto numero di evasori fiscali.
Se I 5 Stelle vinceranno sarà per aver sedotto quella parte del paese inetta e rancorosa con l’idea che siamo tutti uguali e che lo studio, l’impegno e il sacrificio nella vita siano in fondo un dato relativo. Perché uno vale uno, come nella Fattoria degli animali di Orwell, in nome di una libertà che è in realtà la peggiore forma di dittatura.
Così ci ritroviamo un Di Maio che si sente De Gasperi, pur senza averlo mai sentito neanche nominare, una cloaca di sprovveduti che discute di economia o di politica internazionale senza mai aver aperto un manuale di storia e soprattutto una società di persone che pensano di potersi sedere di fronte a chiunque per discutere di qualsiasi cosa.
Le conseguenze sociali del movimento 5 Stelle vanno oltre la barzelletta di avere un premier come Di Maio che coniuga i verbi peggio dello studente che ho bocciato lo scorso anno.
Il vero dramma causato dai 5 stelle è che hanno offerto la spalla a qualsiasi persona di sentirsi all’altezza di parlare di ogni cosa. Oltre la medicina, oltre chi ha passato la vita nei laboratori e a studiare, oltre i premi Nobel. È gente che non ha coscienza di cosa sia lo studio e quanto sacrificio ci sia dietro ad una ricerca, dietro ad una professione, che non pensano ai ragazzi che hanno passato la vita sui libri per far progredire questo paese.
È la presunzione fine a se stessa. L’onestà di cui il movimento si riempie la bocca continuamente non è un vanto. È il grado zero della civiltà, cosa che sarebbe nota perfino a loro se avessero studiato un po’ di latino. Occupare un posto che non si è in grado di occupare, essere pagati per un lavoro che non si è grado di fare quella è la peggiore forma di disonestà civile. E come diceva quel vecchio saggio di Seneca “la vergogna dovrebbe proibire a ognuno di noi di fare ciò che le leggi non proibiscono”.Prof.sa Maria Cristina Ferraioli
(Sorbonne Universite’, Faculte’ des lettres. Paris)