Si fa un gran parlare oggi di ansia e disturbi d’ansia, troppo spesso scadendo nel luogo comune e nel falso mito, soprattutto per ciò che concerne il limite fra ciò che è fisiologico e ciò che non lo è. Spesso si dimentica, infatti, che l’ansia è uno stato fisico e mentale necessario entro certi limiti e fortemente connesso all’istinto di sopravvivenza. Come reazione ad una situazione interna ed esterna percepita come rischiosa o di incertezza, questo meccanismo è abbastanza noto sia nell’uomo che nell’animale ed ha a che fare, almeno nei suoi aspetti biologici, con la reazione di attacco e fuga che predispone psicologicamente e fisicamente l’individuo a superare ogni condizione significativamente pericolosa. Di fronte al pericolo, la sopravvivenza intesa in senso lato dipende non solo dalla reazione psico-fisica riflessa (adrenalina/cortisone endogeno) ma anche dall’intervento dell’apparato cognitivo (memoria, razionalità) attraverso il confronto fra situazione attuale ed esperienza, in maniera tale che sia possibile restare in allerta e migliorare le prestazioni psicofisiche solo per il periodo di tempo in cui sussiste il rischio. Per questo, al ripresentarsi della stessa situazione, il tipo di risposta ansiosa ha un’intensità ed una durata sempre minori, man mano che si apprende la gestione di uno stesso evento. Attraverso l’apprendimento, si passa dunque dall’improvvisa ed acuta necessità di migliorare le proprie prestazioni psicofisiche all’ottimizzazione delle stesse.
I disturbi d’ansia si realizzano nel momento in cui l’attivazione di questo insieme complesso di meccanismi “ansiogeni” è eccessiva, ingiustificata o inadeguata rispetto alle situazioni e sono fortemente caratterizzati da una sostanziale riduzione delle prestazioni psico-fisiche. Nella classificazione clinica attuale, i principali disturbi d’ansia sono:
– disturbo d’ansia generalizzata
– disturbo di panico con o senza agorafobia
– fobia specifica
– fobia sociale
– disturbo ossessivo-compulsivo
– disturbo post-traumatico da stress
Il disturbo d’ansia generalizzata è caratterizzato da un elevato livello di preoccupazione o attesa eccessiva riguardo ad eventi della vita quotidiana per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi. Di solito, si manifesta con irrequietezza, facile affaticabilità, difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria, irritabilità, tensione muscolare ed alterazione del sonno come le difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e non riposante. Degli attacchi di panico e del disturbo di panico con o senza agorafobia si è già parlato in altra sede. La fobia specifica è invece una paura vissuta come irrazionale ed ingiustificata verso eventi, situazioni o oggetti/animali che non rappresentano una reale minaccia per gli altri. Molto note in quanto molto diffuse, sono spesso associate ad animali (ragni, rettili) o ad oggetti ormai di uso comune (aereo, ascensore) o a situazioni specifiche (claustrofobia), in relazione alle quali si manifesta la reazione fobica caratterizzata da tachicardia, disturbi gastrici, nausea, diarrea, poliuria, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. Indipendentemente dallo stimolo, inoltre, si sviluppa l’evitamento di ogni situazione o condizione che possa essere associata ad esso. Poiché meno situazionale e più “esistenziale”, viene considerata a parte la fobia sociale, che consiste essenzialmente nella paura di comportarsi in maniera sbagliata di fronte agli altri, ovvero di agire in modo imbarazzante o umiliante nel contesto sociale e di ricevere giudizi negativi. La principale conseguenza di questo disturbo è l’evitamento della maggior parte delle situazioni sociali ed la tendenza al ritiro ed alla chiusura nell’ambito dei gruppi di persone (spesso scambiata per timidezza). Nel disturbo ossessivo-compulsivo, invece, lo stimolo ansiogeno è rappresentato da pensieri, immagini o impulsi ricorrenti che creano allarme o paura (ossessione) per scacciare i quali è necessario mettere in atto gesti, comportamenti o pensieri ripetitivi (compulsioni). Le ossessioni (idea di sporcizia, rischio di infezioni, paura di essere pericolosi, paura di essere malati) arrivano all’improvviso e disturbano notevolmente il soggetto, ma sono criticate e giudicate come intrusive, infondate e spesso accompagnate da sensazioni ed emozioni sgradevoli. Le compulsioni intervengono a questo punto come comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (contare, pregare, ripetere formule mentalmente) a carattere rituale o cerimoniale, messi in atto per ridurre il disagio e l’ansia provocati dalle ossessioni. Il disturbo post-traumatico da stress, infine, insorge in relazione all’esposizione ad un evento stressante e traumatico vissuto direttamente o indirettamente che ha implicato morte o lesioni o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. Può essere acuto, se la durata dei sintomi è minore di tre mesi o cronico, se ha una durata maggiore o se sono trascorsi almeno 6 mesi tra l’evento e l’esordio dei sintomi ed è caratterizzato da immagini, pensieri o incubi relativi all’evento accompagnate dall’evitamento persistente degli stimoli associati con la situazione vissuta, l’attenuazione della reattività generale, le difficoltà ad addormentarsi ed a concentrarsi, l’ipervigilanza e le esagerate risposte di allarme.
Di fronte a patologie di questo tipo, l’approccio terapeutico bimodale (farmacologico e psicoterapico) di cui si è già parlato a proposito degli attacchi di panico è il più adeguato ed efficace nel tempo. Nel contesto farmacologico, anche per altri disturbi d’ansia sono in corso di validazione gli approcci corporei e le tecniche di iperventilazione, laddove ci sono già risultati relativi ad altre tecniche di intervento. In particolar modo, le tecniche regressive sembrano dare buoni risultati sulle fobie specifiche, soprattutto se associate a psicoterapia. Il biofeedback ed altre tecniche standardizzate di rilassamento (respiro e corpo, fra le altre), inoltre, hanno un notevole impatto sul disturbo d’ansia generalizzato e sulla fobia sociale, in particolare facilitando gli effetti dei farmaci e riducendone i tempi di trattamento. Particolare entusiasmo ha sollevato recentemente l’applicazione dell’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) ai disturbi fobici e, soprattutto al disturbo post-traumatico da stress, nel quale sembra essere addirittura superiore all’intervento farmacologico quando utilizzato da solo (dati da confermare).